Arturo Ratti: una storia di cambiamenti

Il giovane ventiquattrenne, addetto alla comunicazione, ci racconta il suo percorso al festival.

Che lavoro fa per il festival?

Sono stagista all’ufficio comunicazione.

Come si è avvicinato al festival?

L’anno scorso controllavo i parcheggi appena fuori dalla Sopracenerina, poi ho conosciuto Amel Soudani, la responsabile della comunicazione, con cui ho avuto l’opportunità di parlarle dei miei studi in letteratura. Lei mi ha quindi chiesto se per quest’anno poteva interessarmi questo tipo di lavoro.

Come mai ha scelto di lavorare per il festival? 

All’inizio perché qualche soldo per uno studente fa sempre comodo. Trovandomi bene, sono ritornato volentieri perché l’ambiente è molto stimolante. Quest’anno mi trovo ancora meglio dell’anno scorso: tra il controllo dei parcheggi e l’ufficio stampa c’è un certo salto di qualità.

Durante il resto dell’anno di che cosa si occupa?

Io sono studente all’Università di Friburgo, studio letteratura.

Ha un sogno?

Una volta finita l’università mi piacerebbe trovare un lavoro che mi appaga e quindi essere felice.

Come ha appena detto lei, l’anno scorso si occupava della sicurezza: in che cosa consisteva quel lavoro?

Controllavo i parcheggi per i grandi VIP che arrivavano al festival: dovevo far sì che i posteggi delle persone importanti (come per esempio quelli dei direttori) rimanessero sempre liberi e loro potessero andare e venire dal festival con comodità in ogni momento.

Perché ha cambiato lavoro?

È stata la fortuna, come dicevo prima, di conoscere la responsabile della comunicazione che mi ha permesso di intraprendere la nuova strada come stagista all’interno della sezione di comunicazione.

Cosa fate se qualcuno porta materiale non accettabile all’interno del festival?

Ciò di cui mi occupo è in effetti gestire tutto ciò che arriva al festival per quanto riguarda riviste, poster… perciò è necessario decidere cosa fare. Il materiale indesiderato è complicato: bisogna chiedere in che cosa consiste, altrimenti è difficile sapere come distribuirlo.

Quale dei due lavori le piace di più?

Ciò che faccio quest’anno.

Da piccolo si immaginava già che avrebbe lavorato per il festival?

In verità no. Da piccolo mi piaceva venire in piazza a guardare i film, soprattutto quello dell’ultimo giorno dedicato alle famiglie.

Passiamo ora al suo lavoro per gli accrediti, come funziona?

Tutti i giornalisti che vogliono venire al festival a fare interviste e articoli devono avere un accredito, che è una specie di invito, un certificato che consente di lavorare al Festival. Perciò tutti loro, prima che cominci l’evento, devono richiedere questo pass. Io sono quello che si è occupato di parlare con queste persone e stabilire che avessero effettivamente il diritto di venire a Locarno a lavorare.  Il permesso consiste in un tesserino intestato alla stampa, che viene ritirato da ogni giornalista all’Info point.

Di che materiale è fatto il tesserino?

Il pass è fatto una plastica speciale, dura. Stiamo molto attenti a questo aspetto, perché è necessario che non ci siano giornalisti fasulli che girano per il Festival. Per questo noi facciamo un’indagine completa e il giornalista deve dimostrare che lavora per una testata, deve portarci degli articoli e soprattutto qualcuno di noi deve conoscerlo.

Ci può spiegare che cos’è l’iniziativa YAB?

L’idea di Youth Advisory Board è nata e si è concretizzata l’anno scorso. Si tratta di un gruppo di otto giovani (quattro ragazze e quattro ragazzi) provenienti da tutto il mondo e che vengono al Festival per viverlo nelle sue varie location (quest’anno si occuperanno principalmente delle academy organizzate da Locarno). Il loro compito è quello di dare dei consigli: siccome si dice che quello di questi undici giorni è un evento per anziani, lo scopo è che questi ragazzi possano suggerire degli stratagemmi per rendere il tutto più attrattivo per le fasce d’età più giovani.

Vedi i dettagli 

Cosa le piacerebbe fare nell’ambito del Festival?

Domanda interessante… al momento non saprei, ma mi piace molto quello che faccio al momento, perciò posso dire che ricoprirei molto volentieri questa carica anche nei prossimi anni.

È difficile il suo lavoro?

All’inizio lo è stato: non avendo idea di come potesse funzionare un ufficio stampa, sono rimasto molto spaesato. Devo però dire che dopo questo mese di lavoro, ora che ho cominciato ad ingranare, le cose vanno molto meglio.

 

Intervista a cura di Giulia, Stella e Giovanni.